Pope è un pittore coloristico. È vero, si occupa di complesse composizioni cromatiche; ed è interessato alla struttura e alla tessitura del colore, ma il suo approccio alla pittura è un approccio filosofico. Si sente il suo desiderio di precisione, il suo desiderio di un “ordine pittorico” che scaturisce dal suo amore per il sapere. Le sue opere sono costrutti. Quasi scientificamente concepite, subiscono una mutazione sotto il ductus del suo pennello diventando sillogismi di Wittgensteiniana dimensione. Insito nei quadri è l’’’assolutamente’’esclusivo.
Divergenze di tipo marginale nel colore e nella forma contrastano in sensazioni di dolore quasi fisiche. Pope mira alla visione ideale, - puristica -, a quell’esperienza che si prova grazie alla “ispirazione” […]. Un altro significativo aspetto è la parete alla quale sono appese le opere di Pope. Le superfici delle pareti dialogano con le superfici pittoriche, le accrescono persino. Solo nello spazio attorno all’opera appesa le sue opere sviluppano il loro grandissimo potenziale.
Un terzo significativo ruolo è quello della “energia molecolare” dei colori. Così su tela come anche su carta, la struttura interna della colorazione, ma anche la pigmentazione, corrisponde con il risultato programmato.
La biografia di Pope, il suo sviluppo come artista - da Parigi partendo dal costruttivismo fino alla Op-Art, quindi pittura pura che si sviluppa in composizione della superficie - porta obbligatoriamente a un’autonomia dell’oggetto figurativo. La sua grammatica della pittura, che inizialmente rimandava a un significato intrinseco dei suoi quadri, è oggi eliminata come soggetto […]. Così nella motivazione di Pope sembra essere riconoscibile in parte anche il misterioso, ma non corrisponde in alcun modo all’impeto iconoclasta di Rainer.
Pope è alla ricerca (come ospite storico) piuttosto di lasciare immaginare qualcosa di “oscuramente misterioso” sotto e dietro alla superficie pittorica - un effetto di profondità che ha a che fare con la visione del mondo psicologica. Una immersione nel tipo “zoon politikon” dell’oggi. Le chiare, talvolta quasi geometriche astrazioni di Pope risultano come segnali di una percezione sensoriale dei colori. Egli pittura lo sfondo, pone segni che talvolta raggiungono dimensioni di pittogrammi - tuttavia rimangono finalmente privati nel contenuto, morali nel messaggio e rinfrancanti nell’espressione […].
La sfera d’azione artistica si presenza come superamento delle barriere visive, l’attenzione dell’osservatore viene guidata sulla forma come costante - ordine di grandezza, proporzione non vengono soppresse bensì moltiplicate e quindi più saldamente e inscindibilmente unite, allo scopo di raggiungere determinati effetti. La pittura di Pope è inoltre evocazione, forma di magico divenire, e culmina in una esclamazione che non si può dire del tutto priva di humor di Mark Rothko: “Cos’è il colore in fondo. Sporco colorato!”.
Alla fine rimane a un artista come Pope trasformare questa formulazione di Rothko nell’illusione dello splendore - la luce s’impiglia nella pennellata - e dunque in un paradosso. Pope rimane un Gratwanderer, uno che cammina sul filo del rasoio tra razionalità puristica e senti mentalità awolta di mistero. E sopra si estende come un fitto mantello una forma di stile che può trasmettere la lingua pittorica solo in misura inadeguata, una silenziosa humilitas, esente da pathos, ma con una dinamica tra l’essere frattile e l’essere completo.
Non si chieda mai a un mago la sua formula magica, bensì si “scorga” la sua arte.