… e ragionando di pittura
Il percorso artistico di Pope ha origine nella fine degli anni sessanta, quando anch'egli ha potuto confrontarsi con forme espressive sperimentali. Come l'arte concettuale, che richiedeva, allora come adesso, un approccio diverso: non l'arte come rappresentazione o raffigurazione, ma un'occasione per stimolare nello spettatore ogni possibile forma di percezione. Il lavoro di Pope non poteva dunque prescindere da questa esperienza, per cui anche egli, come altri artisti, fece della pittura il proprio linguaggio artistico. Sperimentò le potenzialità espressive di questo linguaggio nella convinzione che il risultato pittorico non potesse essere stabilito a priori, ma venisse considerato come un processo creativo in itinere, un concetto artistico riconoscibile quale risultato del fare.
Le esperienze pittoriche di quegli anni sono state denominate con terminologie diverse: da pittura pittura a nuova pittura, da pittura analitica a pura pittura. Il rapporto con questo movimento (che definirei piuttosto un'esperienza multipla di singoli artisti che di volta in volta venivano invitati a rassegne, nelle quali il critico di turno ne esplicava l'aspetto estetico e forniva indicazioni per una lettura individuale) è stato, per ogni pittore, diverso e personale, comunque non pensato in modo aprioristico, ma inteso come conseguenza di una forma pittorica individuale, una sintassi espressiva efficace in grado di ragionare e riflettere sul fare pittura.
Potremmo condividere, seppur nella sua generalizzazione, la definizione di Celant usata nel 1967 quando parlando di alcuni artisti americani, fra i quali Martin e Ryman, scrisse di una "pittura che da sistematica si fa analitica". Una pittura che si trasforma da linguaggio come espressione di un contenuto, in un linguaggio in grado di guardare a se stesso, di ripensare la pittura come una forma linguistica valida non per ciò che può raccontare o descrivere, ma per la sua potenzialità espressiva autonoma.
Pope, alcuni anni prima di venire direttamente a contatto con queste esperienze, proponeva una pittura che potremmo definire (ma solo per utilità del lettore) programmata o geometrica. Ora, guardando al suo cammino artistico, ci sembra più facile individuare quel percorso, sia in ambito metodologico, che in quello operativo. Un'identità artistica che si identifica sia nella continuità della ricerca, che in quella leggera differenziazione che distingue la cosiddetta Pittura Analitica dalla più generica Nuova Pittura.
E questo naturalmente per diverse caratterizzazioni del suo fare pittura.
È vero che la definizione data alla nuova pittura da Menna (La linea analitica dell'arte moderna) mette dapprima in evidenza le componenti del fare pittura, come il telaio, la tela, il colore, la materia, ecc., ma poi propone anche una riflessione sul fare, sul procedere materialmente, sulla pratica. Un "esercizio della pittura" che palesa sia l'analisi delle componenti che caratterizzano la pittura in quanto tale, sia il processo del fare materialmente pittura,
Sebbene appare improprio confrontare diversi periodi espressivi di un artista con una realtà complessa come furono gli anni settanta, credo che anche nelle recenti opere di Pope si possano ancora individuare le radici di quell'importante esperienza vissuta a contatto con i più significativi artisti. Si potrebbe parlare del processo creativo seriale (l'esercizio della pittura di cui si diceva), poiché non esiste, nell'artista veneziano, la convinzione dell'esistenza di una pittura intesa coma unica, ma di una pittura complessiva e costantemente in evoluzione; come il formato, che, per Pope, rimane all'interno della geometria del quadrato (non è un caso che alcuni titoli citino Malevich) o l'idea di monocromo intesa come azzeramento, o come l'assoluto del colore e della luce.
O ancora si potrebbe riflettere sulla linea (intesa come separazione), che Pope non traccia sulla superficie, ma che è comunque sempre presente nei multipli. E sono proprio i multipli che caratterizzano da un lato la composizione sulla superficie, dall'altro definiscono lo stretto rapporto esistente tra la pittura e lo spazio. Ad accostare il lavoro di Pope alla pittura analitica concorre anche la concezione che l'artista ha della materia, che egli intende come la registrazione del fare: la materia come testimonianza della pratica pittorica, la materia come identità della superficie. Anche le dimensioni delle opere – almeno quelle più significative – vivono in un rapporto di uno a uno e ciò per mettere lo spettatore nelle condizioni di scoprire se stesso proprio nel momento della percezione dell'opera stessa.
Nel percorso evolutivo di Pope gli elementi, che hanno caratterizzato le sue opere, sono diventati via via più efficaci, gli hanno permesso di approfondire ed elaborare gradualmente la sua pittura, fino a raggiungere un'identità espressiva individuale, in cui ogni elemento di riflessione è vissuto come parte integrante del proprio lavoro e, soprattutto, del proprio essere pittore e artista attento all'evoluzione del linguaggio della pittura e, più in generale, dell'arte tutta.